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Risponde l'esperto

Le risposte del team multidisciplinare di esperti alle domande più comuni sul tema dell’affettività e della sessualità nella disabilità

Le informazioni rese disponibili da questo sito non sostituiscono, in nessun caso, un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico, né una consulenza personalizzata effettuata con un esperto nelle specifiche materie trattate. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista. L’utilizzo delle informazioni disponibili quindi è sotto la responsabilità, il controllo e la discrezione dell’Utente.


Per le domande contrassegnate da un asterisco (*) sono presenti anche le risposte dei nostri consulenti alla pari che sono consultabili nell’apposita sezione “Risponde il consulente alla pari”

La risposta del sociologo

Caro utente

vorrei nel mio piccolo riflettere assieme a te sul significato di occasionale e di occasione.

Per occasionale, infatti, si intende ciò che accade in circostanze fortuite, per occasione ciò che accade per caso, senza essere premeditato o programmato ma che può cambiare la vita, migliorandola.

Queste premesse, solo per riflettere insieme sul fatto che ormai, perlopiù si associa al termine rapporto occasionale l’idea di un rapporto mordi e fuggi, privo di empatia, di complicità e di una conoscenza che può anche approfondirsi nel tempo e portare a sentirsi più vicini. Una visione feroce e tirannica del rapporto.

Purtroppo, nella società odierna è prevalso un modo di intendere le relazioni consumistico,richiamando alcuni concetti del sociologo Bauman; rapporti consumati velocemente all’insegna della sostituzione veloce, dell’intercambiabilità e della scarsa empatia. Ma un rapporto occasionale può anche essere ricco di complicità, pur mancando la frequentazione quotidiana o comunque costante ed un progetto comune rivolto al futuro.

Una persona con cui ci sia conoscenza progressiva e complicità, per quanto nell’ambito di un rapporto occasionale, può quindi aiutarti in alcune fasi, mentre per altre, che magari intaccherebbero, secondo la tua percezione, il livello di desiderio, puoi farti aiutare da un amico che ti conosce bene, cui avrai spiegato la situazione, o da un assistente personale (anche chiamato solo in quell’occasione), con cui essendoci anche un rapporto lavorativo puoi decidere di modulare diversamente il livello di confidenza.

La risposta dello psicologo/sessuologo

Buongiorno, comprendo la frustrazione ed il disagio che prova nell’atto sessuale che sicuramente allontana dallo sperimentare piacere sessuale, ma le voglio ricordare che la sessualità non è solo corporea anzi è prima mentale e poi fisica, il desiderio nasce dalla mente, da ciò che si crea lì e poi si propaga nel corpo. L’atto sessuale è un processo di complicità e di reciproca intesa in accordo con quanto dice lei quando parla di altre componenti che subentrano nel rapporto. Il piacere però, voglio ricordarle, che è un processo che non è localizzato ma è esteso a tutta la superficie corporea, quindi dal collo in su è possibile avere molte stimolazioni nelle più svariate modalità, tattili, con oggetti, con baci, con ogni modalità che a lei o al partner venga in mente. Quindi la invito a riscoprirsi e quindi a scoprire nuove zone erogene di cui ora magari non è consapevole.



La risposta del sociologo

Si tratta di un corpo diverso e per molti versi da conoscere ex novo. E’ un processo non facile e non privo di punti critici e di asperità. E’ un corpo da conoscere, tracciando una mappa nuova del sono, posso, voglio, desidero che, seppur collegata al passato, ridisegna un presente ed un futuro differente. Al processo che traccia le linee di una nuova mappa della sensibilità e delle “possibilità” corporee parrebbe corrispondere una nuova costruzione (e ricostruzione) della propria identità personale. A questo proposito, invito a leggere, per chi voglia approfondire questo focus, questo articolo: http://alidiporpora.it/la-difficile-rinascita-unidentita/. Un corpo che innanzitutto l’individuo con disabilità deve imparare a conoscere, ed a riconoscere come tuo proprio, elaborando e metabolizzando un iniziale sentimento di estraneità e distacco, utilizzato anche a scopo difensivo, per poi amarlo e percepirlo come qualcosa da proteggere, valorizzare, un qualcosa che, anche se con modalità differenti, esprime un desiderio legittimo e può essere desiderato, divenendo oggetto di desiderio. Solo a questo punto si potrà davvero proiettarsi verso un/una potenziale partner, tracciando insieme la mappa di un nuovo desiderio, in un progressivo processo di scoperta e conoscenza, in cui l’uno passerà il testimone all’altra, in un’ideale staffetta delle fantasie e delle sensazioni erotiche, in cui a volte si conduce alla scoperta, a volte si è condotti. La persona con disabilità potrà mostrare al/alla partner nuove zone e modi di accarezzare e e di rapportarsi al suo corpo. Il/la partner, poi, potrà restituire alla persona con disabilità una più piena consapevolezza di sé come corpo desiderante e desiderato, in grado di dare e ricevere piacere, divenendo anche “bacchetta magica” per mettere a fuoco dove il piacere si concentra maggiormente e per restituire la piena consapevolezza del tocco, la cui percezione potrebbe essere alterata dalle parestesie.

La risposta dello psicologo/sessuologo

Buon pomeriggio, allontanare sul nascere storie potenzialmente importanti vuol dire non dar tempo a quello che lei sente di poter essere, quindi non si tratta di allontanare l’altro/a per l’impegno che necessità una persona con disabilità, ma il premunirsi contro una potenziale delusione. Anteporsi dinanzi le scelte del altro implica bloccare la possibilità di conoscersi e magari di stupirsi, cambiando idea su un nostro concetto. Quindi allontanare qualcuno perché non potrebbe reggere la situazione, vuol dire non ritenere capace quella persona di starci accanto. In queste situazioni è importanti chiedersi:” E se mi sbagliassi?”. Questo rapportato alla questione che ogni scelta, questa compresa, presa da un’altra persona va rispettata perché è personale.



La risposta del sociologo

Nel pensiero elaborato, che l’utente riferisce come più presente pregnante e persistente nelle fasi iniziali e tipiche di uno stadio della vita giovanile, vi è tutto il peso ed il portato dell’interiorizzazione di una concezione biologista della disabilità. Una concezione in base alla quale la disabilità è legata soprattutto ad una tragedia biologica individuale, che danneggia organi ed apparati. La gestione, di conseguenza, e tutte le conseguenze, reali e potenziali, vere o immaginate, sono demandate totalmente a chi ne è colpito, come a dire “Peccato: male a chi tocca e se la sbrighi lui”. Agli interlocutori, a livello collettivo ed individuale, resta al massimo la possibilità, se vogliono, quasi pietisticamente, di fare qualche piccola concessione. Anche per questo la persona con disabilità, che spesso, per questa idea di fondo, ha fatto propria una rappresentazione di sé equiparabile a qualcuno che possiede intrinsecamente un minor valore ed è portatore solo o quasi esclusivamente di problemi per sé e per chi gli è accanto, potrebbe tendere ad allontanare una persona interessata ed un’eventuale partner. A questa visione l’approccio sociale e bio-psico- sociale hanno tentato di sostituirne un’altra, in base al quale a fare la differenza non è il danno organico in sé, bensì gli strumenti che la società mette a disposizione dell’individuo e di chi, a vario titolo gli sia accanto, per vivere una vita piena. Strumenti che la struttura sociale ha la precisa responsabilità di mettere in campo. E’ dunque la risposta sociale concreta a favorire o svantaggiare processi di inclusione che si traducono nella possibilità, per una persona con disabilità, di vivere la propria vita, tentando di renderla piena e serena. Inoltre, l’approccio bio-psico-sociale tiene conto delle relazioni esistenti tra il danno biologico, le barriere (o le facilitazioni) presenti (per ogni essere umano, prescindere dalla condizione di disabilità) nell’ambiente fisico (barriere architettoniche) e sociale (pregiudizi, stereotipi, paure, distanze emotive) e delle caratteristiche psicologiche e emotive della persona, che può sviluppare ed utilizzare delle risorse per leggere in un modo o nell’altro quello che gli è accaduto e gli accade quotidianamente e poter così reagire in maniera positiva o meno.

Le coppie, inoltre, potrebbero scontare il peso di vuoti sistemici ed istituzionali: la condizione dei caregiver è ormai nota ai più ed è caratterizzata dall’assenza di adeguati sostegni, ed occasioni di respiro, riposo e ristoro. Nel momento in cui il partner diviene un caregiver/badante, tutto il peso della quotidianità rischia, iniquamente, di cadere sulle sue spalle e questo non solo potrebbe far paura ma anche annullare l’adeguata distanza, che genera attrazione sessuale ed emotiva e desiderio, tra i due partner, riducendo il partner con disabilità ad un assistito e non ad un oggetto/soggetto di desiderio. Il soggetto con disabilità stesso non riesce a percepirsi più come un corpo che desidera ed è a sua volta desiderabile e desiderato. Se non si viene poi messi nelle condizioni di vivere in maniera relativamente libera, autodeterminata e “umana”, la propria vita quotidiana ed il tempo libero, se tutto può divenire una prigione, Senza adeguati supporti ed un’educazione alla differenza, di cui ogni essere umano in quanto tale è intrinsecamente portatore, , una rappresentazione negativa, ma anche distorta, della vita a due con una persona con disabilità diviene quasi inevitabile. Per quanto riguarda la persona con disabilità, nel rapporto con un eventuale partner occorre quindi agire sul modo che lui stesso ha di raccontarsi , di presentarsi a se stesso ed all’interlocutore, andando ad agire su alcune convinzioni sbagliate e limitanti, che potrebbero generare paradossalmente la produzione della cosiddetta conferma comportamentale da parte dell’altro o profezia che si autoadempie (perché anche inconsapevolmente lanciamo dei segnali negativi, e compiamo azioni che fanno avverare le paure di cui siamo portatori) e nella persona con disabilità generare un senso di impotenza appresa, in base alla quale ogni minimo ostacolo, relazionale e non, appare fuori controllo, ingestibile, da parte della persona, che sentirà così che, qualunque cosa egli possa fare, qualunque azione metta in campo, è tutto inutile, non riuscirà a produrre cambiamenti, e si arrenderà ancora prima di provare, perché schiacciato dal peso della ingestibilità presunta della situazione. Come si può reagire a questo? Attraverso la promozione di un cambio, a livello innanzitutto culturale, di visione della disabilità, non più come una questione individuale bensì collettiva e sociale, poiché la qualità di vita delle persone può essere migliorata attraverso interventi sociali mirati. E’ utile, poi, promuovere occasioni di scambio e confronto di diverso tipo tra persone disabili e non disabili, che portino a conoscersi dal vivo e come individui (e non come idee frutto di stereotipi, pregiudizi ed immagini mediate dai mezzi di comunicazione di massa), contribuendo a decostruire ed a superare stereotipi e paure.

La risposta dello psicologo/sessuologo

Buon pomeriggio, la disreflessia è sicuramente una condizione che sposta il piacere in una condizione dolorosa con l’esito di compromettere il momento vissuto, nel momento in cui il partner assume un atteggiamento assistenziale, magari attribuendosi la colpa dell’accaduto. Un’efficace comunicazione tra i partner è fondamentale sia per la costruzione di una sessualità non sono legata alla penetrazione ma completa, da coccole, baci, non solo genitale, l’intero corpo diventa la fonte di piacere, e sia per rassicurare il partner sulla possibilità che il verificarsi della disreflessia non sia una colpa ma una possibilità, un momento del rapporto sessuale che implica un approccio diverso che va vissuto in maniera diversa, ma che rimane non più un sintomo suo, ma della coppia che ha imparato ad accoglierlo.



La risposta del sociologo

Già in assenza di condizioni che alterino il funzionamento fisiologico, ormai è chiaro ai più che fattori ansiogeni, che creano cioè ansia, e le risposte troppo dense di ansia, con livelli sproporzionati rispetto alla prestazione che ci viene richiesta, sono poco funzionali ed alterano i nostri equilibri psico-fisici, creando ad esempio aritmie, respiro corto o al contrario una tale contrattura muscolare che si trasforma in un blocco, una vera e propria corazza, per usare un termine coniato dallo psicologo Reich. Siamo in un’epoca di ipersessualizzazione, dove tutte le dimensioni della sfera sessuale vengono appiattite sull’esclusiva stimolazione genitale.

Richiamando Carlo Ruiz Zafon nel libro L’ombra del vento << […] Non mi aveva detto dello strano tremore che trasforma ogni bottone, ogni cerniera in un ostacolo di proporzioni titaniche. Non mi aveva detto della malia di un corpo palpitante, dell’incantesimo di un bacio né dell’ardore della passione […]>>. Questo frammento letterario ci rinvia al passaggio sostanziale che mi pare opportuno auspicare: la transizione da un processo di sessualizzazione (ed ipersessualizzazione) dove la sessualità, richiamando il sociologo Zygmunt Bauman, viene ridotta a prestazione, e quindi legata alla sola prestanza fisica, all’erotizzazione, che in psicologia e psicanalisi indica l’attribuzione di valore erotico a organi, situazioni, oggetti e funzioni che abitualmente non lo possiedono. A questo proposito consiglio di leggere l’articolo di Radha C. Luglio, Tantra Un modo di vivere e amare in https://www.tantralife.com/it/tantra/il-tantra-e-lastinenza-orgasmica/, in cui si spiega come l’energia sessuale possa permeare di sé tutto il corpo e non solo gli organi genitali, riscoprendo la sua piena natura di slancio vitale e creativo; come si possa riscoprire (o scoprire ex novo) il piacere di stare a letto abbracciati in una condizione di completo rilassamento e come, quasi all’improvviso, tutto possa assumere una dimensione profondamente erotica, da uno sguardo ad uno sfiorarsi casuale di mani.

La risposta dello psicologo/sessuologo

Buongiorno, il pensiero erotico, se è presente, potrebbe rinfocolare e compensare proprio un calo della libido legato ad alterazioni percettive e funzionali. Comprendo che le difficoltà di cui parla possano in un primo momento compromettere la funzione sessuale e quindi portare a vivere l’intimità come un qualcosa che si deve fare e non come un momento di coppia. Il gioco delle parti, il pensiero erotico sono delle modalità che possono favorire l’unione e la complicità di coppia e quindi essere un’importante fonte di piacere per entrambi i partner. Ricordo, infatti, che la sessualità non è un processo meccanico legato a quello che si creda debba essere fatto, è un contenitore infinito la cui esplorazione è un processo interminabile, quindi la risposta alla sua domanda è assolutamente positiva. Anche la scelta di come comunicare al partner una propria fantasia, magari tramite un messaggio inaspettato non relega la sessualità solo alla camera da letto aiutando a costruire un ambiente erotico non confinato in un determinato spazio.



La risposta del sociologo

Come ci ricordano i filosofi Martin Heidegger ed Aldo Masullo, l’intimità non è una dimensione riconducibile solo a quella sessuale. E’ innanzitutto un viaggio di scoperta dentro se stessi, per conoscere e far dialogare varie parti di sé, anche quelle meno evidenti, più “estranee” ed inizialmente, forse, meno amate. E’ anche un viaggio che inizialmente può intimorire, per paura di quello che potremmo scoprire di noi stessi. Aldo Masullo, in particolare, ci parla poi del possibile incontro con l’altro da sé. Sta a noi decidere, in base ad un legittimo principio di libertà di scelta consapevole, chi far entrare metaforicamente in casa nostra, con chi condividere il nostro spazio vitale, i nostri pensieri, le nostre esperienze ed anche il nostro corpo, svelando progressivamente chi siamo davvero, al di là della superficie. E’ l’insieme di queste dimensioni collegate alla scelta di consegnare le chiavi ad alcuni sì e ad altri no che configura il perimetro di un autentico spazio di intimità. In queste dinamiche un ruolo fondamentale è giocato dalla comunicazione con l’altro, dal cosa si racconta di se stessi ed il proprio percorso e dal come , ma anche dal come si racconta cosa ci piace e come ci piacerebbe esplorare insieme vecchie e nuove strade inedite. Attraverso questa intima condivisione di se stessi, del proprio vissuto e dei propri pensieri, anche erotici o rivelatisi, magari a sorpresa, capaci di erotizzare qualcosa di inizialmente neutro, sembrerebbe possibile creare i presupposti di quella magia dell’incontro, fatto di alchimia, di condivisione e di scambio sensoriale ed emozionale, da intendersi in senso ampio anche come scambio di sensazioni mentali e fisiche, non concentrate solo nell’area genitale e in quella delle zone erogene più comuni e note. Uno scambio nato dalla possibilità profonda di rispecchiarsi nell’altro, scoprendosi e riscoprendosi simili nelle reciproche inevitabili diversità che, però, ci arricchiscono, affinché la possibilità di incontrarsi non divenga quella di un incontro mancato, con un’incalcolabile perdita di emozioni e sensazioni per entrambi i potenziali partner.

La risposta dello psicologo/sessuologo

Buon pomeriggio, innanzitutto sento di dirle che quella che lei definisce come “Grande tristezza “ relativa alla sua impotenza è una condizione che non esiste. La potenza di cui parla non si riferisce alla capacità di avere un’erezione, ma alla capacità di avere una vita sessuale, dove per sessualità non si fa riferimento alla penetrazione che è una fase del rapporto sessuale. La sessualità è un contenitore molto ampio che non può essere confinato ad una funzione d’organo, inizia dagli sguardi e continua nel dialogo con il piacere che deriva dall’esplorazione del corpo del partner con i vari strumenti percettivi che si hanno a disposizione, mani, labbra e così via secondo quello che è l’assecondare il vostro immaginario erotico. Il processo esplorativo, di conoscenza di sé stessi porta alla formazione di nuove zone erogene per la costruzione di una vita sessuale appagante, anche se la paraplegia diminuisce la sensibilità cutanea nelle zone colpite altre sono già pronte ad attivarsi per diventare una fonte di piacere sicuro. Comprendo come questa situazione per lei essendo motivo di disagio e di dolore sia diventata un qualcosa da evitare, ma la sessualità è una spinta che non può essere contenuta può solo cambiare in base alla nostra percezione di essa, quindi le ricordo che la paura uccide il desiderio. Se infine desidera avere un erezione piena, può optare, consultandosi con un medico esperto che conosca approfonditamente il suo quadro clinico, per una terapia farmacologia che sia di sostegno all’eccitazione o all’installazione di una protesi peniena.




La risposta del sociologo

La sessualità è una sfera ampia e variegata, non riducibile alla sola stimolazione degli organi genitali, ma che coinvolge un’operazione di specifica ricerca e conoscenza di sé, a partire dalle varie parti del nostro corpo, di cui disegnare e ridisegnare la mappa delle zone erogene sia a livello fisico sia sul piano mentale e psico-emotivo, ma che può anche trovare il proprio centro propulsivo e concentrarsi su altre dimensioni, che possono diventare fonti di un piacere davvero intenso. Molto importanti sono le effusioni, i gesti che esprimono tenerezza, le carezze, i baci, il viaggio intrapreso attraverso il proprio corpo ed il corpo dell’altro. Un viaggio di scoperta vissuto anche attraverso la complicità che nasce dal gioco delle parti e dal pensiero erotico. Anche leggere assieme un libro, o vedere un film, a contenuto erotico o meno, può contribuire a creare la giusta atmosfera, di cui sentirsi protagonisti o può anche aiutare a creare, attraverso l’immaginazione, una cornice in grado di far sentire la coppia eroticamente complice, per poi immergersi in un copione da scrivere a due voci. È importante trovare il proprio modo di vivere la sessualità, che contribuisca a definire, in maniera evolutiva, chi noi siamo in un certo momento e in una specifica fase della vita. La sessualità, infatti, incarna un bisogno primario ed istintuale ma le modalità di espressione dipendono molto dalla società di appartenenza (es. adozione di specifici riti di corteggiamento) che ci educa a certi rituali, da una parte, e dall’altra dal nostro specifico modo di essere (es. interpretazione di un peculiare gioco delle parti). Non c’è nulla di male, e non bisogna giudicarsi e colpevolizzarsi, se in un clima di piena consapevolezza e consensualità, si sceglie, anche per contingenze esterne ma sempre nel pieno rispetto del proprio e dell’altrui modo di essere, un modo di viverla che sia anche fuori dagli schemi standardizzati, che segua strade di espressione del desiderio differenti da quelli noti ai più. Un modo all’insegna della piena e consapevole personalizzazione che, in una società dove a farla da padrone sembrerebbe essere un modello unico, che richiama un corpo perfetto e perfettamente padroneggiato, sembra aver appiattito e livellato tutto, riducendo, troppo spesso, la sessualità a mera prestazione, possa anzi aiutare ad esprimere un proprio legittimo anelito vitale ed uno spirito creativo in continua trasformazione.

La risposta dello psicologo/sessuologo

Buon pomeriggio, sicuramente l’utilizzo del Dildo a scopo penetrativo è una delle modalità che permette di vivere comunque la fase della penetrazione in un rapporto sessuale, ma la sessualità rappresenta un contenitore molto più ampio di fantasie, desideri e piacere. Ogni zona del corpo è potenzialmente una zona erogena per questo esistono varie tipologie di sex toys che possono rendere ogni rapporto sessuale un esperienza unica e non confinata a “Quello che si deve fare“. Consiglio quindi di scegliere insieme al partner i sexy toys che possono essere intriganti per la coppia, in maniera tale da non dar per scontato che l’altro/acconsenta e per creare fantasie condivise che possono essere per entrambi fonte di piacere prima mentale e poi fisico. Consiglio inoltre di presentare sex toys senza che il partner lo sappia, solo dopo che si è creato un clima di forte complicità. Ci si potrebbe chiedere per preoccupazione se l’ausilio di un sex toys potrebbe ridurre mia capacità di dar piacere al partner, in questo caso non bisogna cadere in questa trappola prestazione che intacca la vita di coppia, dato che sia la scelta sia l’ausilio di un sex toys avvengano ad opera dei partner e quindi rimangono loro la reale fonte di piacere. Concludo sperando di essere stato esaustivo, chiarificando che i sex toys sono solo un modo di esplorare conoscere ed ampliare la sessualità propria e della coppia, esistono infinite possibilità alla sessualità.



La risposta del sociologo

Come sottolinea, tra gli altri, il sito specializzato edit.pureeros.com i sex toys sembrerebbero rivestire una funzione ancora più importante per tutti coloro che, per le più svariate ragioni, manifestano una certa difficoltà a raggiungere il piacere. Tra queste, vi sono anche le persone con disabilità, nello specifico da mielolesione. Nelle donne, però, vi può essere un freno generato dallo stereotipo legato al fatto che chi li usa, così come pratica autoerotismo, possa essere considerata una poco di buono a causa della libertà sessuale manifestata e vissuta. Per gli uomini invece, l’uso dei sex toys, anche nell’ambito di una possibile stimolazione prostatica, può essere vissuto come un tabù perché si ha paura di essere etichettati come chi manifesta latenti pulsioni omosessuali o come coloro che ricorrono ad un “aiutino” esterno, non essendo sufficientemente dotati ed attraenti o ancora si potrebbe aver paura di essere tacciati come chi non vive la sessualità in maniera spontanea e naturale, ma la rende artificiosa e meccanica, ed anche poco romantica, attraverso il ricorso a strumenti esterni, costruiti ad hoc. E’ necessario, innanzitutto, decostruire questo stigma e questa rappresentazione ed autorappresentazione limitata e limitante. I sex toys sono, infatti, semplicemente degli strumenti che contribuiscono a creare un clima di gioco e di complicità condivisa all’interno della coppia e prima ancora aiutano a conoscere meglio il proprio corpo nell’ambito di una sessualità che non si riduca solo alla stimolazione genitale, ma rappresenti un momento importante della costruzione della propria specifica identità.
Sono uno strumento di condivisione e di scoperta di sé e dell’altro da sé: sono un viaggio esperienziale. E’ importante iniziare a sperimentare con i sex toys più in linea con il nostro modo d’essere, che facciano riferimento, magari, a situazioni che per le più svariate ragioni, ci riportino a qualcosa di familiare e rassicurante, o, per contro, siano in grado di accendere e stimolare il nostro spirito d’avventura. Il trait d’union di questi due possibili approcci è che il sex toys scelto non ci faccia sentire fuori luogo e non ci snaturi. Progressivamente, se lo si vorrà, sarà poi possibile procedere a nuove scoperte, un piccolo passo dopo l’altro, in un clima di alchimia, curiosità, complicità e gioco condiviso, consensuale e consapevole con il/la partner.

La risposta dello psicologo/sessuologo

Buona sera, comprendo il suo timore e per quando lei tema la sua disabilità ma è bene che lei sappia che molte persone non disabili si trovano a vivere la stessa condizione di paura. La spontaneità è molto importante in questi casi, quindi vivere l’incontro con un atteggiamento prestazionale è una modalità sbagliata che porta inevitabilmente ad un affetto contrario , per di più non consente di vivere appieno il momento che si sta’ creando. Si concentri su quanto sia bello ricevere una proposta di questo e non viaggi con la mente nel futuro, crei un bel presente in cui voi potete star bene entrambi. Inoltre si lasci sorprendere quello che lei pensa può destabilizzare in negativo magari può destabilizzare in positivo, senza lasciarsi condizionare da esperienze passate negative.



La risposta del sociologo

Le chat sono uno spazio di relazione “sospeso”, un luogo che non esiste come spazio fisico ma che si pone al confine tra lo spazio fisicamente occupato dai due interlocutori per permettere ad entrambi di instaurare un’interazione che, da una prima fase casuale, può poi divenire progressivamente continua ed intenzionale e quindi configurarsi come una relazione. Questo spazio non è solo riempito dalla rappresentazione di come effettivamente siamo, ma anche da quella di come vorremmo e potremmo essere, dai nostri corpi ideali ed idealizzati, che abitano ora la mente dell’uno, ora quella dell’altro, in un’anticipazione fantasticata dell’incontro. Questa dimensione parrebbe diventare ancora più importante per chi ha una disabilità fisica. In una dimensione dove il corpo, infatti, è insieme presente e assente, possono farsi maggiormente spazio le idee, i pensieri, le emozioni, le anticipazioni di un piacere non ancora vissuto bensì narrato. Però, arriva sempre il momento in cui passare da una dimensione virtuale ad una reale, per rendere quelle emozioni condivise qualcosa di autentico. Le difficoltà si pongono su un dubbio livello: il dover allineare da entrambe le parti l’immagine corporea ideale con quella reale, confrontandosi con la delusione che ne potrebbe scaturire, un aspetto che vale davvero per tutti. Su un altro piano, che coinvolge più propriamente le persone con disabilità fisica, il doversi confrontare con l’ambiente fisico e sociale esterno, pregno di barriere fisiche, sociali, emotive e psicologiche che potrebbero trovarvisi, ostacolando un processo di reale inclusione. Come reagire a questo doppio banco di prova? Innanzi tutto, ricordando che vivere comporta sempre il rischio di affrontare, ,ma parallelamente di riuscire a superare difficoltà e che le difficoltà superate, anche grazie ad un forte livello di motivazione (risultante dalla nostra voglia di raggiungere uno specifico obiettivo confrontato con i sacrifici da affrontare), riescono ad innalzare il nostro livello di autostima ed autoefficacia, cioè la percezione di avere capacità concrete che permettano di utilizzare le risorse a nostra disposizione per raggiungere gli obiettivi che ci stanno a cuore. Fallimento e delusione sono poi emozioni e possibilità che aiutano ogni individuo a crescere ed a maturare e contribuiscono ad immergerci in una vita realmente e pienamente adulta e consapevole.